Lungo la strada che da casa porta verso Castiglione a Casauria, mi accoglie un cartello che dice “Benvenuti a Castiglione a Casauria – Paese del Moscatello e della Ciambella”. Sarà vero? Spinta dalla curiosità, sono andata in questo borgo medievale sulle colline pescaresi.
Proseguendo fra campi e uliveti, mi imbatto in un capolavoro dell’architettura e della scultura romanica del Medioevo: l’abbazia di San Clemente a Casauria. Vengo distratta della piccola chiesa di San Rocco, dalla splendida fontana con la testa di leone, dall’antico lavatoio pubblico, dalla chiesa patronale intitolata all’Assunzione della Beata Vergine Maria e dalla chiesa di San Francesco dove mi regalano un vasetto di olio di San Biagio. Mi dicono di intingere il dito nell’olio benedetto, disegnare una croce sulla gola e San Biagio farà sparire ogni malanno! Attraverso un dedalo di caratteristiche viuzze, raggiungo palazzo De Petris-Fraggianni. Una breve visita al Museo dedicato alla civiltà contadina e finalmente mi trovo faccia a faccia con il motivo che mi ha condotto qui: una dolcissima degustazione nella corte interna del palazzo.

Pulpito e facciata esterna dell’abbazia di San Clemente a Casauria, un vicoletto di Castiglione a Casauria e la corte interna di palazzo De Petris- Fraggianni.
La zona casauriense si trova all’ingresso orientale delle Gole dei Tre Monti. Il vento che soffia costantemente e il considerevole sbalzo termico fra il giorno e la notte fanno di queste colline esposte a sud-est un luogo perfetto per i vigneti, per la lunga maturazione e il tradizionale appassimento delle uve sulla pianta dalle quali ottenere il Moscatello di Castiglione. Conosciuto anche come passito bianco delle colline pescaresi IGT, il Moscatello viene coltivato in queste zone sin dal 1600; nel XX secolo i vigneti vengono quasi del tutto abbandonati a causa della filossera e dell’emigrazione e restano soltanto le piccolissime produzioni dei contadini per uso famigliare. Da una decina di anni però, grazie al lavoro di chi ha creduto nella potenzialità del vitigno, la produzione di Moscatello sta conoscendo una nuova vita. Colore giallo paglierino intenso e riflessi dorati, sentori floreali e fruttati al naso, la dolcezza che esplode in bocca: questo vino è il perfetto accompagnamento per formaggi stagionati ed erborinati, carni bianche, ma soprattutto… per la ciambella di San Biagio! Il Moscatello e la ciambella hanno un legame indissolubile perché la ciambella viene tuffata nel vino e i sapori si esaltano a vicenda.

Le Gole di Tre Monti
La tradizione della ciambella a Castiglione a Casauria è una tradizione antica ed è legata al culto di San Biagio, martire e protettore dei mali della gola, che salvò un bambino dal soffocamento dovuto da una lisca di pesce conficcata nell’ugola. E questo morbido dolce dal profumo di anice è un ex voto al Santo e la sua forma ricorda appunto quella della gola. In questa zona il culto di San Biagio era già noto nel IX secolo, ma nei secoli successivi venne messo un po’ nel dimenticatoio per poi rafforzarsi nuovamente intorno alla metà del ‘500 fino a diventare uno dei santi patroni del paese.

Preparazione delle ciambelle di San Biagio
La classica ciambella di Castiglione a Casauria, quella più antica, altro non era che una sorta di pane lievitato molto duro e aromatizzato con semi di anice: la ciambella non doveva essere dolce perché bagnandola nel moscatello acquisiva la giusta dolcezza e morbidezza; l’anice poi è fondamentale perché esalta ancora di più questo accostamento. Quando mangiate la ciambella imbevuta nel vino, con i denti rompete un semino di anice: in bocca sarà un tripudio di piacevolissimi sapori perfettamente mescolati fra di loro! Con il passare del tempo la ricetta originale ha subito modifiche e la ciambella è diventato l’impasto lievitato dolce che conosciamo oggi: zucchero, olio EVO, latte, semi di anice, buccia grattugiata di limone e lievito di birra; una volta fatto l’impasto, gli viene data subito la forma ciambelle, si fa lievitare e si cuoce in forno. È una ciambella piuttosto grande, dalla superficie liscia e dalla grana fine, senza grossi buchi, per favorire l’inzuppo e non lasciar scivolare via il moscatello. Ormai è un dolce diffuso tutto l’anno, ma la maggiore produzione si ha nel periodo delle feste patronali e della sagra che si tengono il 2, 3 e 4 febbraio di ogni anno.

iambella di San Biagio, ciambelle al moscato, ciambelle lesse, ciambelline gileppate, olio benedetto di San Biagio e bottiglia di Moscatello di Castiglione
Ma dire ciambella a Castiglione è dire poco perché bisogna specificare la tipologia di ciambella. Uova, farina e zucchero è la base che le accomuna tutte, ma ne ho assaggiate diversi tipi. C’è la ruscicarella (dal termine dialettale ruscicare, cioè rosicchiare), una ciambella piuttosto dura che non deve lievitare, fatta solo con uova, zucchero, semi di anice, farina e ammoniaca, senza olio né latte. Poi la c’è la ciambella al moscato, con lo zucchero soltanto come coperture, senza uova e il moscatello anche nell’impasto. Le ciambelline gileppate (cioè glassate) sono ricoperte con una glassa di acqua, zucchero e succo di limone che le rendono candide, quindi perfette anche per i buffet di matrimoni e comunioni. E infine ci sono le ciambelle lesse, che hanno colpito la mia curiosità più di tutte. Non c’è lievito. Il segreto sta tutto nella lavorazione dell’impasto che deve essere lavorato a lungo per incorporare aria che dà friabilità e leggerezza in cottura; una volta data la forma vengono lessate, scolate, raffreddate, intagliate con una lama e cotte al forno, dove assumono la caratteristica forma. Questi dolci e le loro varianti si trovano un po’ in tutto l’Abruzzo dove sono chiamati perlopiù taralli, ma è qui che, inzuppati nel Moscatello, danno vita ad un connubio speciale.
“Benvenuti a Castiglione a Casauria – Paese del Moscatello e della Ciambella”. Sarà vero? Senza dubbio, sì!

Ciambella al moscato inzuppata nel moscatello di Castiglione