Viaggio sulle tracce della solina: parte 1

di Niva
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Spighe di solina abruzzese con una coccinella

La solina è un grano tenero antico. È una varietà autoctona dell’Abruzzo certamente presente in questa regione sin dagli inizi del XVI secolo, anche se si pensa sia ancora più antico e sia la siliginis di cui ci parla Plinio il Vecchio (23 – 79 d.C.) nelle Naturalis Historia. È un grano che ha un legame fortissimo con il territorio perché con la sua produzione costante in passato garantiva la sussistenza delle famiglie, ma soprattutto perché si è adattato benissimo ai territori difficili dell’Abruzzo interno e ai suoi terreni poveri di alta quota: frumento resistente al freddo e alle intemperie dalle elevate caratteristiche organolettiche, paradossalmente dà il meglio di sé salendo di altitudine. Presidio Slow Food dal 2014, veniva (e viene) coltivato soprattutto nella provincia dell’Aquila (dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga passando per la Valle dell’Aterno e la Valle Peligna fino alla Marsica) fra i 600 e i 1400 metri, ma anche nell’area appenninica di Pescara, Teramo e Chieti (mai sotto i 750 metri slm perché qui il clima è meno rigido). E per un blog tour alla scoperta della storia, delle caratteristiche uniche di questo grano e del suo legame con il territorio sono stata tre giorni nell’aquilano, nella Valle del Medio Aterno, sulle tracce della solina.

Una piazzetta di Fontecchio

Una piazzetta di Fontecchio

Il mio viaggio inizia da Fontecchio, un borgo da favola danneggiato dal terremoto dell’Aquila del 2009 che oggi sta tornando al suo antico splendore. Un mucchietto di case aggrappate alla roccia che si affacciano sulla vallata sottostante e l’acqua del fiume Aterno che scorre a rompere la quiete e il silenzio. E per qualche mattina ho potuto godere di questo panorama appena sveglia dalla finestra del B&B di Alessio.

Il panorama dalla finestra del Bed and Breakfast

Il panorama dalla finestra del Bed and Breakfast

Giorno 1: il castello di Beffi, i campi di solina e il mulino a pietra.

Appena il tempo di sistemarsi in stanza e andiamo subito al Castello di Beffi, un borgo fortificato che si trova ad Acciano, nell’omonima frazione di Beffi, a 640 metri slm. Probabilmente costruito nel XII secolo, del castello restano oggi alcuni locali e la torre che doveva far parte, insieme ad altre torri, di un sistema di avvistamento medievale a difesa della popolazione rurale. Il castello fu completamente abbandonato nel ‘700, ma di recente è stato restaurato e si può salire sulla torre e godere di una vista privilegiata sulla vallata sottostante.

Panorama dalla Torre di Beffi

Panorama dalla Torre di Beffi

Il castello di Beffi e i resti delle sue mura difensive

Il castello di Beffi e i resti delle sue mura difensive

La chiesa di San Michele Arcangelo a Beffi

La chiesa di San Michele Arcangelo a Beffi

Dalla torre di Beffi ai campi di solina a Secinaro è un attimo. Qui troviamo ad aspettarci un agricoltore che con suo figlio ha deciso di scommettere su questo grano autoctono e ci mostra orgoglioso i suoi campi e ci racconta tutto di questo frumento. Rispetto al grano moderno, le spighe di solina sono alte (arrivano anche a 100-135 cm) e ci regalano un grano dal basso contenuto di glutine (10-11% contro il 14-17% delle varietà moderne) e alto valore proteico. La produzione è costante, ma “rende poco”, circa 20 quintali per ettaro. Proprio questo ha fatto sì che negli ultimi decenni del secolo scorso i contadini abbiano abbandonato le antiche varietà in favore di grani più moderni dalla qualità inferiore, ma dalla resa di gran lunga maggiore. Negli ultimi anni però, alcuni agricoltori locali stanno recuperando e cercando di valorizzare questo frumento, tra l’altro ottimale per la produzione biologica: grazie alla sua altezza e alle sue capacità di accrescimento è resistente e combatte le erbe infestanti senza aiutini chimici, come il diserbante. Il grano viene poi portato nei locali mulini dove, come scopriremo più tardi, diventerà una farina particolarmente profumata.

Un campo di solina a Secinaro, L'Aquila, Abruzzo

Un campo di solina a Secinaro

Prima però facciamo un salto alle pagliare di Tione. Da Tione degli Abruzzi prendiamo una stradina immersa nel verde e arriviamo a oltre 1.000 mt di altitudine fino ad un villaggio agro-pastorale abbandonato: poche case costruite intorno ad un bacino di raccolta dell’acqua e una piccola chiesa di montagna dedicata alla Madonna di Loreto con la campana ancora funzionante. Qui, in questo luogo disabitato dove pare possibile toccare il Monte Sirente con un dito e l’elettricità e l’acqua nelle case non sono mai arrivate, il tempo sembra essersi fermato. L’uomo però continua ad amare questo posto e molte delle casette in pietra sono state ristrutturate da chi continua a salire fin quassù per godersi la tranquillità e il vero contatto con la natura. Ma cosa ci fa quassù questo gruppo di case? Intorno a Tione i terreni sono scoscesi e difficili da coltivare; così, per avere più possibilità, nei secoli scorsi i contadini si trasferivano dall’inizio della primavera fino all’autunno alle pagliare dove avevano a disposizione ampi terreni pianeggianti per pascolare gli animali e coltivare grano, patate e legumi.

La chiesa delle pagliare di Tione, L'Aquila, Abruzzo

La chiesa delle pagliare di Tione

Una casetta delle pagliare di Tione, L'Aquila, Abruzzo

Una casetta delle pagliare di Tione

Sta quasi per piovere e allora ci spostiamo a Goriano Valli, frazione di Tione, per visitare l’antico mulino. Ci accoglie un ragazzo che ci racconta con amore del suo lavoro, di come dalla solina si ricava una farina morbida che profuma di montagna. Fa partire le macina di pietra e in pochi minuti l’aria si colora di bianco e si riempie di un odore buono. Le qualità organolettiche della farina di solina sono sorprendenti sia per il profumo che per la consistenza e il pane, la pasta e i dolci che ne vengono fuori hanno un sapore speciale. È una farina non adatta alla lavorazione industriale perché troppo povera di glutine, ma nella lavorazione artigianale e manuale dà il meglio di sé. Come abbiamo avuto subito modo di capire assaggiando delle nevole fatte in casa!

Il mulino a pietra di Goriano Valli, L'Aquila, Abruzzo

Nel mulino di Goriano Valli

La farina di solina appena macinata

La farina di solina appena macinata

Si è fatta sera ormai e ci spostiamo in una cantina di Goriano Valli per cenare a 700 metri slm in un vigneto di pinot nero, adatto al clima rigido e all’escursione termica giorno/notte del Parco Regionale Naturale Sirente-Velino. Un altro esempio di agricoltura eroica di montagna che produce frutti di qualità! E fra un piatto di pasta, un bicchiere di vino e le lucciole che ci fanno compagnia, la prima giornata sulle tracce della solina è terminata. Domani impareremo a fare il pane. Ma questo è il seguito della storia e ve la racconterò un’altra volta!

Il blog tour fa parte dell’iniziativa “Di pani, di legumi, di grani antichi e di patate” organizzata nell’ambito del progetto “Paesaggi Lenti”, co-finanziato dai Comuni di Acciano, Fagnano Alto, Poggio Picenze, San Demetrio né Vestini, Tione degli Abruzzi, Villa Sant’Angelo, Fontecchio e dal Comune dell’Aquila, attraverso i fondi Re–start, con la collaborazione della Società Cooperativa Ilex e di Sherpa coop.

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