Due semisfere di semplice pasta di biscotto friabilissima, imbevute nell’alchermes e tenute insieme da una vellutata crema pasticcera: sono le pesche dolci abruzzesi. Decorate con una fogliolina verde di zucchero o d’ostia, ricordano in tutto e per tutto i frutti del pesco: rosse fuori, gialle dentro, con un cuore di crema al cioccolato al posto del nocciolo e lo zucchero semolato che le ricopre a imitarne la buccia. Ad ogni morso un tripudio di sapori e consistenze invade il palato e il loro dolce profumo inebria chi le mangia.

Le pesche dolci prima di essere assemblate con la crema e l’alchermes
Mia nonna paterna non era una cuoca spettacolare, ma aveva qualche asso nella manica (tutti rigorosamente ispirati alle più classiche delle tradizioni abruzzesi) che tirava fuori al momento giusto e le pesche dolci erano uno di quelli. Quando decideva di farle, accendeva il suo forno a legna, prendeva un paio di grandi teglie e ne preparava una quantità industriale. Era solita farcirle per metà con della crema pasticcera gialla e per metà con della crema al cacao, perfetta per mitigare il sapore dolce dell’alchermes e dello zucchero di copertura.

Le pesche dolci si tuffano nell’alchermes
Nonna aveva fatto suo il motto “meglio abbondare che scarseggiare” e per fare spazio all’abbondante ripieno doveva scavare profondamente i biscotti. Siccome in campagna non si butta via niente, tuffava i rimasugli di pasta nel liquore e poi mescolava il tutto con la crema avanzata: una vera gioia per mio nonno che non aspettava altro e un dessert alternativo da mangiare subito, al contrario delle pesche dolci.
“È meglio che le pesche le mangiate il giorno dopo perché così si insaporiscono”!

Le pesche dolci incontrano il vellutato ripieno al cioccolato
Questi dolci sono fra i più diffusi nella terra d’Abruzzo e non c’è ricevimento in casa che si rispetti senza di loro, che sia per un compleanno o per un matrimonio poco importa. Anche i panifici più piccoli e artigianali le mettono in bella mostra nei loro banchi e si inizia a trovarle anche nei supermercati. Però ultimamente c’è l’usanza di riempirle con quella famosa crema alla nocciola che secondo me ammazza questi dolcetti e li fa stucchevoli…
Meglio quelle originali, lasciatevelo dire!

Le pesche dolci si rotolano nello zucchero
Ora, io ho cercato in lungo e in largo aiutata anche dai potenti mezzi della rete, ma non ho trovato traccia nemmeno di un briciolo di testimonianza storica che sancisse la loro origine abruzzese (se qualcuno ne ha, per favore mi avvisi e aggiornerò subito il post). Sembra che le pesche dolci furono realizzate per la prima volta a Prato nel 1861, dove i fornai in principio le facevano con un impasto di pane raffermo bagnato nell’alchermes che in seguito i pasticceri pratesi hanno pian piano sostituito con la pasta brioche. L’Arsia della Regione Toscana le riconosce oggi come prodotto tradizionale, ma purtroppo constata come siano dolci sempre meno diffusi e per poterle gustare ci sarebbe bisogno addirittura di prenotarle oppure bisogna cercarle col lanternino nei panifici di Prato e Firenze.

Le pesche dolci abruzzesi, gustosa imitazione dei frutti zuccherini
Col tempo poi le pesche dolci si sono diffuse via via nelle Marche, in Abruzzo e in Molise con le dovute modifiche locali, grazie alle giovani che andavano a studiare lontano nei collegi delle suore. Quando tornavano a casa portavano con loro un ricco bagaglio culturale e tante ricette, indispensabili a quei tempi per diventare delle brave mogli. E proprio questa sarebbe l’origine delle molisane pesche di Castelbottaccio, che sono molto simili a quelle abruzzesi. Ma si sa, fino agli anni ’60 del secolo scorso Abruzzo e Molise erano una sola regione e ancora oggi condividiamo prelibatezze che si somigliano.